Con il passaggio su substack dalla vecchia versione su blogspot, voglio provare (provare!) a riportare i rapporti letture alla naturale base mensile, invece di farli ogni due mesi come l’accidia mi aveva portato a fare negli ultimi anni. Potrei anche fare quel salto di modernità e chiamarli “wrap up”, ma la tradizione ultradecennale dei miei post vale più di un hashtag. Quindi sto.
Il primo libro terminato nel 2025 è Iron Lotus - A cyberbpunk song, il romanzo d’esordio di Chiara Natoli. L’autrice mi aveva contattato direttamente qualche mese fa per propormi di leggere il suo libro, e io che sono un ragazzo semplice e se vedo “cyberpunk” mi animo già, ho accettato, soprattutto per la curiosità di vedere un’interpretazione attuale del cyberpunk di un’autrice emergente (non esce tanta roba cyberpunk in Italia, ultimamente [e c’è un motivo]). Purtroppo l’esperienza non è stata troppo soddisfacente, perché Iron Lotus soffre di diversi problemi, sia dal punto di vista della struttura che della scrittura. La componente cyberpunk è per lo più estetica, con topoi e trope risalenti al genere, che però vengono impiegati tal quali, senza nessuna rielaborazione (che nel 2020+ diventa necessaria), un po’ come si stesse giocando con delle action figure. I temi sono quelli del cyberpunk classico, superati da una trentina d’anni, per cui chiunque abbia un minimo di conoscenza del genere (o anche solo abbia visto Johnny Mnemonic e Nirvana) non ci troverà niente di nuovo. E la scrittura è grezza, sporca, frettolosa. Abbondanza di doppiaggese e tante ripetizioni, errori di spelling dei frequenti termini inglesi (e non so il giapponese, sennò chissà) e sviste tipografiche e di punteggiatura. Il libro quindi è del tutto insufficiente, ma si percepisce che c’era la volontà di fare qualcosa da parte dell’autrice, che purtroppo non è stata raccolta e valorizzata dall’editore (anche solo la cura minima del testo avrebbe fatto una certa differenza). Come nel caso del libro di Federico Tamanini letto qualche mese fa, questo è un romanzo che con un buon editing e una buona dose di pazienza dell’autrice avrebbe potuto essere quanto meno discreto. Non rivoluzionario, perché è comunque un prodotto estremamente derivativo, ma comunque godibile, che adesso non è. Voto: 4.5/10
Altro esordio, ma di ben altro spessore, è La sindrome di Raebenson, che ho letto per il primo e ultimo gruppo di lettura che seguirò mai (solo perché coincideva già di base con le mie intenzioni di lettura!), dopo aver già assistito a una presentazione con l’autore Giuseppe Quaranta poco dopo l’uscita. Questo romanzo (pubblicato da Atlantide) si è rivelato piuttosto sorprendente, perché non mi aspettavo di essere così avvinto dalla ricerca di una malattia. La storia è narrata da un giovane psichiatra che racconta la storia di un collega (amico?) che inizia a soffrire di strani sintomi dissociativi, che vengon poi ricondotti a questa curiosa sindrome di Raebenson, di cui si sente parlare negli ambienti accademici ma che non è stata mai studiata e definita. L’interesse nei confronti dei raebensoniani sta nel fatto che, a quanto pare, questa malattia conduca incidentalmente all’immortalità. Ma, come sempre, qual è il prezzo della vita eterna? Il romanzo è costruito come il resoconto della ricerca su questa malattia, quasi come un’indagine senza colpevole, e suscita davvero l’idea di un processo scientifico, una serie di ipotesi e tentativi, per arrivare a una risposta chiara. Il sapore accademico è esaltato dall’abbondanza di lessico tecnico e dalle immagini con didascalie che ricordano proprio un testo di medicina. La scrittura è carica, ottocentesca, e si colloca bene in un’assurda intersezione tra Conan Doyle e Lovecraft, ma senza assassini (a meno che i suicidi non siano considerati tali) e senza orrori cosmici (a meno che la vita eterna non sia l’orrore supremo). Insomma, è un libro che combina in modo innovativo elementi, temi e stili che non credevo si potessero intrecciare così bene, e per questo lo ritengo tra i migliori letti ultimamente. È anche, indubitabilmente, un libro inquadrabile nella speculative fiction. Voto: 9/10
Dalla vita eterna alle code eterne all’ufficio di collocamento, con il romanzo di Luca Giommoni pubblicato a novembre da effequ. Nero è il protagonista eponimo di Nero - Il complotto dei complotti, ed è un fissato dei complotti. In realtà non ci crede davvero, ma è abituato a scorgerli ovunque, perché è quello che faceva sempre sua madre. La madre che è morta di cancro, facendo uscire di testa il padre, che passa le giornate a lanciare un rotolo di cartone nella speranza che si apra un buco nero. Almeno finché anche il padre non sparisce nel nulla. Nero è anche disoccupato, e questo è un utleriore problema che cerca di risolvere con continui colloqui che lo portano sempre in situazioni grottesche, ma niente di più assurdo dell’annuncio medio di ricerca personale che potete trovare su Linkedin. Il mistero si infittisce quando scopre strani macchinari e operatori negli uffici comunali, e inizia a sospettare che ci sia un complotto per impedire alla gente di trovare davvero lavoro. Qui inizia la parte più fantascientifica del libro, che fa un uso disinvolto del viaggio nel tempo per creare vari paradossi di predestinazione che intrecciano la ricerca di lavoro, la famiglia di Nero e il futuro dell’umanità. Nero è un romanzo che si pone da subito come leggero e dissacrante, ma che a tradimento riesce a infliggere delle stoccate che non ti dissanguano, però bruciano parecchio. Troppo drammatico per essere Fantozzi e troppo divertente per essere Kafka, è anche un libro generazionale, che rappresenta bene la condizione di noi vecchi millennial, evitando sia il tono paternalista che quello consolatorio. Voto: 8/10
Concludiamo con l’unico libro straniera della mesata che ero rimasto l’unico a non aver letto. Non serve che vi dica io che cos’è Non lasciarmi e non serve che arrivi io a commentare il Premio Nobel Kazuo Ishiguro. Mi limiterò a dire che avevo forse aspettative un po’ diverse, e che in molti casi la lettura mi ha lasciato freddo. Sicuramente per mia predisposizione avrei gradito un maggior approfondimento delle parti speculative, ma non è tanto questo il problema che ho incontrato, più che altro mi è sembrato che soprattutto nella parte centrale la storia abba perso l’orientamento e si muovesse un po’ a caso con una sequenza di episodi sconnessi. Le relazioni tra i protagonisti sono messe in scena magnificamente, ma ho sofferto la mancanza di un obiettivo, un intenzione sottostante a quello che veniva raccontato. Anche perché il romanzo è volutamente impostato come il racconto diretto della protagonista, che si rivolge direttamente al lettore anche con frasi tipo “ma di questo parleremo dopo, come stavo dicendo” ecc, per cui mi sarei aspettato che verso la fine ci fosse un momento raccordo di questa narrazione diretta in cui la protagonista si posiziona nel presente nel momento in cui scrive rivelando perché. Quindi un po’ di incertezza e un po’ di fastidio che non me lo hanno fatto apprezzare in pieno. Voto: 6.5/10
Ah già che si può commentare.
Troppo drammatico per essere Fantozzi etc... voglio che sia il blurb della ristampa di Nero. Per Ishiguro, condivido la "delusione" ma a me avevano lasciato meh proprio i rapporti tra i personaggi. Sta cosa che sc*p*no così, senza senso, mi ha lasciato un po' basita. Ma forse sono io che sono bacchettona.