Con questo post non solo chiudiamo l’anno appena (cioè tre settimane fa) trascorso, ma chiudiamo anche la lunga e calante stagione del precedente blog su blogspot. Unknown to Millions da oggi è su substack, perché la piattaforma blog di google è ormai disabitata da anni, mentre questa sembra invece avere una diffusione ben più ampia. Visto che i post che scrivo sostanzialmente sono gli stessi, why not. Vi potete anche iscrivere così vi arrivano come newsletter. Ho comunque importato tutti i post precedenti, quindi l’archivio di UtM è tutto qui, ma magari i post non sono indicizzati e i link interni rimandano comunque al vecchio blog, quindi vabbuò quello rimane lì, ma ormai in disuso. Vedremo se questa nuova piattaforma durerà altrettanto.
Detto questo, iniziamo, ché ce n’è diversi di cui parlare.
Iniziamo con Low - una trilogia, un… libro di Gherardo Bortolotti pubblicato da Tic Edizioni. Fatico a dare una definizione perché non lo si può considerare un romanzo, è una serie di “testi” divisa in tre parti. La prima è una parte abbastanza generica in cui sono descritte sensazioni, scene, attimi, tutti afferenti a un certo senso di nostalgia, inadeguatezza, straniamento per l’epoca contemporanea. Fortunatamente la cura del testo e la ricchezza delle immagini ci salva dall’effetto pensierini alla Fabio Volo. La seconda parte è una sequenza di similitudini molto interessanti, da cui infatti ho preso spunto anche per un video sul canale. Infine l’ultima racconta di un contatto alieno e delle conseguenze a lungo termine, ma sempre con un questa forma di sequenze scomposte e un grande senso di tragedia cosmica. Un libro che si potrebbe definire sperimentale, ma che comunque trasmette qualcosa. Non esprimo un voto perché è qualcosa che esula dai parametri, ma nonostante lo spaesamento iniziale l’ho apprezzato.
La lettura allegra del momento storico è stata White Power, un saggio di Stefano Tevini pubblicato da Red Star Press che indaga sulla sottocultura della narrativa distopica/postapocalittica del movimento suprematista bianco negli USA. A partire da alcuni testi fondamentali (che Tevini ha letto tutti) si traccia un interessante percorso che spiega anche molti aspetti delle attuali tendenze politiche americane. Non mi dilungo troppo perché abbiamo parlato con Tevini in una puntata del podcast, per cui potete recuperare quella per dettagli sulla scrittura e sugli argomenti trattati. Nonostante la pesantezza del tema, la ritengo una lettura importante per comprendere certi fenomeni che non possiamo ignorare.
Per rincarare la dose, praticamente in parallelo al precedente ho letto anche Il canto del profeta, romanzo dell’anno scorso di Paul Lynch (portato in italia da 66th2nd) che racconta le vicende di una famiglia inglese che subisce l’oppressione di un prossimo governo autoritario. Non sono ben specificate le circostanze che portano questo regime al potere, ma i dissidenti e potenziali nemici vengono prelevati e la protagonista si trova a dover portare avanti dopo che il marito sindacalista non fa ritorno a casa. La lettura è angosciante e forse nelle prime fasi un po’ ripetitiva, resa meno facile anche da uno stile che è interamente costituito di muri di testo. Quanto a valore come distopia non aggiunge molto a quelle classiche, ma la riesce comunque a trasmettere il senso di impotenza di una situazione del genere. Voto: 6.5/10
Il romanzo d’esordio di Elena Giorgiana Mirabelli ce l’avevo già da diversi anni ma per una cosa o l’altra non l’avevo ancora letto. Si potrebbe definire Configurazione Tundra pubblicato da Tunué come il primo (a mio conoscenza) romanzo di speculative architecture perché la storia ruota intorno all’esistenza di città perfette autosufficienti e all’architetta che le ha progettate. Ma in realtà questo è un elemento di contesto da cui si parte per una biografia indiretta, ricostruita attraverso gli effetti personali trovati in casa da una nuova inquilina. La narrazione salta continuamente, descrivendo momenti e personaggi diversi, andando a comporre un puzzle di tessere che si incastrano ma sembrano formare immagini differenti. Si percepisce che la parziale incomprensibilità fosse nelle intenzioni dell’autrice, e in questo senso credo che lo si possa inserire nella vaga categoria della narrativa ergodica. Voto: 7/10
Siccome ero in periodo di recuperi, mi sono andato a prendere anche uno dei primi Nodi di Zona 42 (nel senso che è proprio tra i primi che hanno pubblicato) che ancora non avevo letto. Peraltro Daryl Gregory è uno di quegli autori che ogni volta che lo leggo mi dico “wow questo mi piace proprio devo leggere altro” e poi me ne dimentico, tanto che l’ultimo libro che ho letto è di più di cinque anni fa. Nove ultimi giorni sul pianeta Terra me l’ha confermato, sia per il concept per la forma di scrittura: il racconto di un’invasione “vegetale” con forme di vita arboree che precipitano sulla Terra e iniziano a svilupparsi e colonizzarla, e non si sa bene se sono una minaccia o no. Il tutto raccontato con brevi episodi distanziati di diversi anni nella vita del protagonista, dall’infanzia alla vecchiaia. Una storia che nasconde una lore profondissima ma non si perde a investigare tutti gli angoli, perché quello che conta sono le vite delle persone. Il tipo di fantascienza che preferisco. Devo ricordarmi di Gregory, mannaggia. Voto: 7.5/10
E di quella via, già che ero a leggere novelle, mi sono sciroppato al volo anche Zima Blue, che sicuramente conoscete dalla serie Love Death + Robots di Netflix, ma che qui è stato tradotto per la prima volta da Moscabianca in uno dei volumi illustrati. C’è poco che si può dire sul racconto di Alastair Reynolds senza spoilerarlo o senza che lo sappiate già. Di interessante il racconto rispetto all’episodio ha una conversazione più approfondita di Zima con la giornalista, che si concentra maggiormente sul senso dell’arte, e che è sicuramente importante per comprendere il senso profondo della storia. Voto: 8/10
Avevo approcciato Sinder di Franz Palermo (Acheron books) come detox leggero da letture impegnative (potete vederle tornando verso l’alto), e in buona parte è ciò che ho avuto. La storia di un trentenne mollato dopo dieci anni di relazione che torna al paese e per spassarsela un po’ sei iscrive a un’app di incontri su cui le ragazze sono fin troppo disponibili. Ragazze che in circostanze normali ti risponderebbero “neanche morta” su Sinder invece fanno il primo passo… perché per l’appunto sono morte, anime dannate costrette da un patto infernale a corrompere i giovanotti. Scritto in stile colloquiale e scanzonato, con tanto dialetto e tanti trimoni, non manca però di un livello di profondità nel processo di accettazione della fine di una relazione. Voto: 7/10
E mo’ che ti posso dire di Jagannath, la raccolta di racconti di Karin Tidbeck pubblicata da Safarà? Veramente difficile da inquadrare, siamo senza dubbio nel campo del new weird, da alcune parti tendende più alla fantascienza e in altre più all’horror, con elementi di folklore e altri di surrealismo. Ma davvero, è difficile descrivere cosa si trova in questi racconti, anche perché alcuni dei temi più ricorrenti sono tra i miei trigger, come gravidanza parto maternità. Me la cavo meglio con il cannibalismo, qui ampiamente rappresentato. Racconti fuori di testa ma che incidono bene nella carne. Voto: 7.5/10
Ho concluso l’anno con il corposo saggio storico/critico sul fantasi di Gloria Bernareggi/Sephira Riva pubblicato da Lumien. Anatomia del fantasy è una guida vasta e per quanto possibile completa (impossibile perseguire la completezza totale), che affronta la letteratura fantasy in un’ottica contemporanea, dichiaratemente intersezionale. Dalla definizione del genere all’elenco delle miriadi di sottogeneri, l’esplorazione di topoi e tematiche, la trattazione è ampia e indubbiamente efficace nel fornire una base solida per poter “leggere e scrivere in modo critico”. Forse le parti sulla scrittura mi sono sembrate un po’ generiche, nel senso che molte nozioni sarebbero state facilmente applicabili o riscontrabili in storie non di genere fantasy, e alcuni dei box di contributi esterni li ho trovati un po’ superficiali. Ma vista l’immensità dell’argomento, direi che si tratta di un volume ben fatto, probabilmente adatto più a chi ha meno familiarità col genere e sta iniziando a esplorarlo.